Per il New York Times “Giorgia Meloni oggi gioca un ruolo centrale nella politica europea”

Mentre Saviano cerca di attirare l’attenzione dando in pasto ai social  un recente articolo del New York Times in cui la figura del presidente Meloni viene analizzata dalla penna di David Broder, già noto ai più per la sua ossessione per la destra italiana (tanto da aver addirittura scritto un libro dal titolo “Il nipote di Mussolini” nel quale condanna apertamente il partito di Fratelli d’Italia a “partito con una genealogia diretta dal regime di Mussolini”), sulla stessa testata esce pochi giorni dopo un podcast interamente dedicato al premier italiano a cura di Jason Horowitz, giornalista ben meno schierato rispetto al suo collega e che offre un’analisi politica a 360 gradi sulla situazione italiana.

Il podcast di 31 minuti pubblicato sul sito del quotidiano statunitense parte con l’incontro tra Biden e Meloni, i quali si sono trovati “in sintonia su molti fronti”. Addirittura, il Presidente americano ha espresso “apprezzamento nei confronti della posizione italiana a sostegno dell’Ucraina”. Essendo stata forse una delle posizioni più ferme nel sostegno al popolo vittima dell’aggressione russa.

Il vertice è stato definito “più che un semplice incontro tra capi di governo”. E, in effetti, è stato esattamente così.      
Per comprendere meglio il significato simbolico alle spalle del viaggio oltreoceano di Giorgia Meloni, bisogna fare un salto indietro di qualche mese, quando, a seguito dell’esito delle elezioni in Italia, “anche Biden era molto preoccupato per la nuova elezione di Meloni”, tanto da dichiarare pubblicamente che il neo-presidente del Consiglio rappresentava “un segnale d’allarme per il progresso dell’estrema destra nel mondo”.   

Molte cose sono cambiate da quelle dichiarazioni, al punto che il Presidente democratico le ha steso il tappetto rosso della casa Bianca ed è stato pronto ad accoglierla nello studio Ovale, privilegio riservato a pochi leader conservatori.

Ma come è accaduto tutto ciò? Semplice, perché quando Giorgia Meloni ha avuto tutti gli occhi del mondo puntati addosso con un’unica domanda, “E adesso cosa farà?”, ha risposto con i fatti, scardinando ogni preconcetto e pregiudizio che veniva nutrito nei suoi confronti, e, come ci piace spesso dire, ribaltando ogni pronostico.         

Nonostante ci fosse parecchia apprensione nel continente europeo per il nuovo premier, una volta a Bruxelles, la gente ha visto che il Presidente dell’esecutivo italiano era in grado di dialogare in maniera serena e seria con gli altri leader, il che ha fatto aprire gli occhi su quella che era una realtà ben diversa e che, soprattutto, Giorgia Meloni non era affatto quel “drago sputafuoco” di cui tanto si parlava. Anzi, proponeva politiche economiche adeguate e serie, oltre a sostenere in maniera indefessa la causa ucraina, andando ben oltre le aspettative e divenendo una vera e propria leader sulle politiche di migrazione in Europa: “Tiene rapporti con molte nazioni, non solo in Europa, ma anche in Africa, nel Medio oriente, cercando di investire e di trovare risorse per lo sviluppo in questi paesi”. E oggi lo fa “giocando un ruolo centrale nella politica migratoria”, nonostante quello che possano dire i suoi critici più affezionati.

Il podcast passa in rassegna anche alcuni aspetti della sua vita privata e familiare, sottolineando come la Meloni venga da un contesto sicuramente meno elitario rispetto a molti altri suoi colleghi in Parlamento, il che le dà una marcia in più anche nel dialogo con la gente, avendo la capacità di parlare con un “linguaggio dallo stile molto particolare, pieno di energia”.

In conclusione, il New York Times conferma come questo governo in Italia stia normalizzando un qualcosa che prima veniva demonizzato. Soprattutto, ribadisce come il nostro Paese non sia affatto governato da una personalità dal carattere dittatoriale o liberticida, ma di come questo Capo di Governo stia guidando la nazione come “un normale conservatore di centro-destra”.

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