L’Italia è rinata e tutti la ascoltano con interesse. L’incontro informale di ieri a Bruxelles sui migranti ne è la prova: da colloquio privato da tre capi di governo, quello italiano, quello olandese e quello danese, ci si è ritrovati a una riunione di undici Stati con la partecipazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che dunque ha dato legittimazione alla strategia espressa durante il confronto. Una rotta che è quella segnata da Giorgia Meloni e che la stessa von der Leyen ha recepito, come già dimostrato dalla lettera inviata ai capi di Stato e di governo in vista del Consiglio europeo di oggi: servono “soluzioni innovative” come l’accordo tra Italia e Albania per combattere l’immigrazione clandestina, sul cui contrasto sembrano essere ormai tutti d’accordo. Gli effetti degli ingressi incontrollati devastano l’Europa, le grandi metropoli con interi quartieri sotto controllo di immigrati per nulla integrati, ma anche le piccole cittadine, come ha dimostrato l’attentato di Crepol dello scorso anno, una realtà francese di 500 anime che ha subito un attacco terroristico a una normalissima festa di paese.
Irritazione ideologica
Sulle modalità con cui l’Europa sta tentando di aprire un dialogo sulle “soluzioni innovative”, qualcuno sembra irritarsi: a fronte degli undici capi europei che hanno partecipato alla riunione e dei quindici Paesi che hanno sottoscritto la lettera, inviata alla Commissione, in cui si chiedeva di dotarsi di nuovi strumenti come il protocollo tra Roma e Tirana, si registra in primis l’irritazione (è dir poco) della sinistra italiana, che mai era riuscita, negli ultimi quindici anni di governo, a ottenere una così forte attenzione da parte dei leader esteri. E come alla sinistra italiana non va giù che l’Italia sia ascoltata e amata in Europa, lo stesso pensano altri competitors europei, irritati dal fatto di aver perso finalmente quel monopolio politico e culturale che hanno detenuto per anni, lo status quo che ha ridotto l’Unione europea a mezzo degli interessi di pochi a scapito di molti.
C’è qualcosa che non quadra, ad esempio, nella Germania di Scholz: da alcune settimane, soltanto dopo l’attentato di Solingen – dovevano morire tre persone per capire che il pericolo era imminente? – Berlino si è svegliata dal suo sogno ideologico e ha testato sulla pelle dei suoi cittadini tutti i pericoli di lasciare le frontiere incontrollate. Allora il dietrofront, pugno duro contro gli ingressi, espulsioni e confini sbarrati. Ma il leader socialista non appare convinto dell’accordo con l’Albania, malgrado dal suo governo si fossero già interessati, e non poco, al protocollo. Olaf Scholz dice che servono, piuttosto, “espulsioni conformi al diritto europeo”: ma davvero ora la Germania che chiude i confini e che guarda persino al Piano Ruanda ideato dall’ex premier britannico Rishi Sunak, combatte il modello italiano? Sembra invece soltanto la classica chiusura ideologica: il protocollo non va bene perché l’ha ideato un governo di destra. E, per giunta, estraneo al sistema di potere mainstream.
Macron fa il geloso
In Francia anche Emmanuel Macron, l’altro tassello dello storico asse Berlino-Parigi, sente ormai di aver perso terreno in Europa e vorrebbe chiudere le porte a chiunque tenta di percorrere nuove strade. Il francese ha chiesto di “accelerare sull’applicazione del Patto migrazione e asilo”, ma è dalla stessa Francia che remano in direzione opposta: l’intesa tra Italia e Albania “va studiata, perché no? Vediamo se funziona”, ha detto la portavoce del governo francese. Governo i cui membri, come il premier Barnier e il ministro dell’Interno Bruno Retailleau si recheranno a Ventimiglia per incontrare Matteo Piantedosi e Antonio Tajani per aprire a una nuova gestione dei confini tra i due Paesi. Insomma, che l’Italia sia arrivata lì dove si trova, in prima fila in Europa, grazie a un governo di centrodestra, dà fastidio a qualcuno che è rimasto, per rifiuti ideologici, relegato al ruolo di spettatore.
Erano tutti abituati a trattare con governanti italiani che avevano reso il nostro amato Paese succube e subalterno, ma ora che abbiamo alzato la testa e finalmente sosteniamo le nostre ragioni a qualcuno non piace! La retorica sostenuta dalla nostra opposizione, madre della nostra sudditanza, è finita!