La solita scenetta dei pro-Pal si è ripetuto in tutta Italia per dare un ultimo saluto a Yahya Sinwar, il leader di Hamas ucciso dalle forze israeliane. Una morte pesantissima per le sorti del conflitto: chi sarà il suo successore? Quanto terreno ha perso Hamas con la sua morte? Quanto ancora l’organizzazione terroristica potrà sopportare la risposta di Israele? Sinwar è considerato il padre del 7 ottobre, la mente dietro il diluvio Al-Aqsa che ha stroncato migliaia di vite un anno fa e che ha portato centinaia di israeliani a diventare ostaggi di Hamas. Molti di questi sono morti, alcuni sono vivi e ancora nelle mani dei terroristi. Sta di fatto che, sebbene la morte e la guerra in generale non dovrebbero essere in un modo ideale una soluzione da percorrere per la risoluzione delle controversie (della serie, sarebbe bello avere un mondo senza conflitti), non c’è motivo certo per rimpiangere una figura che porta con sé sulla coscienza la morte di migliaia di persone.
Cartelli e inni per il terrorista
Ma non c’è mai limite al peggio e, si sa, gli estremisti di sinistra sono sempre pronti a confermarlo. Hanno iniziato a osannare, infatti, anche lo stesso Sinwar, nelle manifestazioni che negli ultimi giorni si sono svolte un po’ ovunque lungo tutto lo stivale. “Sinwar vissuto come eroe, morto come una leggenda” si legge nei cartelli comparsi a Milano, andandosi a ripetere quello che già accadde in occasione della morte di Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah ucciso dagli attacchi israeliani: cori e striscioni in suo onore, minuti di silenzio e di commemorazione, bandiere dell’organizzazione fondamentalista che sfilavano per le strade della nostra città. Quasi come se Nasrallah, e ora Sinwar, fossero delle eroiche vittime della guerra in Medio Oriente, e non parte di quel problema che continua a destabilizzare un’intera area geografica, il fondamentalismo e l’odio antisemita. Secondo quanto scritto dal Giornale, Mohammad Hannoun, l’architetto genovese noto nelle ultime settimane per essere stato inserito nella lista delle persone che dall’Occidente finanziavano Hamas – lui lo faceva attraverso beneficenze fasulle che, piuttosto che sostenere il popolo palestinese, finivano direttamente nelle tasche dei terroristi, per un ammontare totale di circa 4 milioni di euro – anche lui, dicevamo, si è unito alle voci dei manifestanti: “Ogni vittima, sia essa un leader, un neonato o una donna palestinese, ha lo stesso valore. I leader sono il carburante, le motrici che portano avanti le lotte dei popoli”.
È paradossale quanto accaduto a Napoli, che proprio in quei momenti stava ospitando il G7 Difesa: mentre, all’interno del summit, si parlava anche di una possibile soluzione del conflitto in Medio Oriente, di quanto fosse vitale per i civili una de-escalation, un cessate il fuoco su Gaza e in Libano, garantendo a Israele il diritto a esistere e mantenendo ferma la base Unifil al confine, appunto, con il Libano, all’esterno gli antagonisti chiedevano la pace rompendo tutto ciò che incontravano. L’obiettivo, come si comprende, è proprio accedere lì dove i sette ministri della Difesa si sono riuniti. C’è lo scontro con la Polizia, mentre la sede di Fratelli d’Italia viene attaccata con della vernice. Scene da far west, insomma, solo per ricordare la vita di un terrorista, fatto passare per eroe e martire. La vicinanza ideale tra estrema sinistra e terrorismo islamico non è più un segreto.