“Nessun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata”: la risposta di Meloni alle minacce di morte prima della visita a Caivano

Continua l’inarrestabile corsa a chi minaccia e insulta di più Giorgia Meloni.
Una corsa che non rallenta nemmeno di fronte al dolore di giovani vittime di abusi sessuali.

Da giorni (o potremmo dire mesi) il Presidente del Consiglio è continuamente sottoposto ad ogni forma di provocazione e al pubblico ludibrio per ogni sua azione, o non azione.

Come se bastassero le minacce di morte nei confronti suoi e della figlia Ginevra (ricordiamo bene i commenti social che inneggiavano ad una Meloni ‘a testa in giù’), le vignette satiriche contro la sua famiglia e le continue invenzioni mediatiche sul suo conto, professionale e non, questa volta si aggiungono gli auguri di morte alla vigilia della sua visita a Caivano, dove si è voluta recare per dare la propria solidarietà e mandare un messaggio chiaro: lo Stato c’è.

Quello che purtroppo sembra non esserci è la cultura del rispetto. Una cultura che mancando arroga a chiunque il diritto di esprimere anche le più basse e violente opinioni nei confronti di una delle maggiori cariche dello Stato. Paradossalmente, augurandole proprio quello che hanno subito le ragazzine nel napoletano.
Tra i commenti si legge: “Io ti consiglierei stai a casa, 160mila famiglie sono rimaste senza rdc e senza spesa. Sei sicura che tornerai a casa?”. E ancora: “Speriamo rimani morta a Caivano”. Infine, qualcuno le ha addirittura augurato di andare via con ‘qualche ammaccatura’, in modo da capire “i guai che ha fatto”.

Commenti agghiaccianti che si ricollegano anche alla manovra del governo relativa al reddito di cittadinanza, mal vista dagli ex percettori che hanno mal digerito le novità di quest’anno e che si sfogano senza limite contro quello che sembra essere il capro espiatorio perfetto.

In questa occasione non sono mancate le dimostrazioni di solidarietà nei confronti del premier, che ha voluto pubblicamente esprimersi sulla vicenda: “Ringrazio quanti hanno espresso vicinanza in merito alle minacce ricevute in vista della mia visita a Caivano. Le intimidazioni non impediranno la nostra presenza al fianco dei tanti cittadini che chiedono sicurezza e la possibilità di un futuro migliore per i propri figli. Nella lotta alla criminalità organizzata questo governo non farà passi indietro”.

Questo nuovo e raccapricciante episodio di violenza nei confronti del capo del Governo apre due riflessioni.
La prima è che la misura del reddito di cittadinanza non è stata lesiva solo nei confronti dello Stato, costandogli milioni di euro, ma ha contribuito a costruire una società in cui le persone si sentono private di un qualcosa di cui hanno goduto per tempo e ora si sentono autorizzate a ribellarsi contro chiunque possa togliere quel ‘diritto’ loro concesso, senza pensare alle alternative messe a loro disposizione e, soprattutto, senza porsi alcun freno, arrivando addirittura ad augurare la morte.
La seconda riflessione ha a che fare direttamente con la piaga di violenza e abusi che trovano esempio con quanto successo a Caivano, con quanto accaduto a Palermo e con quanto accade quotidianamente a migliaia di donne. Una piaga che è legata a doppio filo con il tema della cultura, ovvero la cultura della legalità, del rispetto, dell’educazione che è carente in molti luoghi. Una cultura sulla quale occorre lavorare sotto il punto di vista prima di tutto sociale. Perché se in queste occasioni lo Stato dimostra di esserci e vuole esserci, ma viene comunque additato e minacciato, allora significa che occorre lavorare sempre di più dal punto di vista sociale ed educativo, in modo da realizzare una vera rivoluzione della società, agendo direttamente sulle persone e sul loro modo di pensare. Solo così, lavorando congiuntamente tra Stato e società, sarà possibile che atrocità come quelle di Caivano non avvengano più.

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