Primi migranti in Albania: Rama suona la carica, la Ue recepisce il modello italiano

Domenica scorsa, giorno di completamento e di avvio dei centri per i migranti in Albania in virtù del Protocollo d’intesa tra Roma e Tirana, la nave Libra della Marina Militare si è già fatta carico di 16 migranti, recuperati in acque internazionali e diretti verso Shengijn, il primo dei due hotspot che servirà al primo approdo e all’identificazione. Saranno presumibilmente i primi ad approdare nei nuovi centri e dovrebbero arrivare domani, a meno che la Libra non faccia qualche deviazione per recuperare altre imbarcazioni.

La svolta

Una svolta insomma, entra in vigore un modello guardato con interesse da mezza Europa, un protocollo unico nel suo genere: è la prima volta, infatti, che un Paese dell’Unione europea si dota di un piano di affidamento dei migranti a uno Stato extracomunitario. Nei due centri vigerà soltanto la giurisdizione italiana, come ricordato dallo stesso presidente albanese Edi Rama in un’intervista pubblicata questa mattina dal Corriere della Sera. Nella quale, il leader dei socialisti albanesi ha risposto a chi, anche dall’Italia, agita lo spauracchio della violazione dei diritti umanitari nei due centri: per la segretaria del Pd Elly Schlein, un esempio su tutti, il governo “sperpera quasi un miliardo di euro dei contribuenti per i centri migranti in Albania, in spregio ai diritti fondamentali delle persone e alla recente sentenza europea sui rimpatri, che fa scricchiolare l’intero impianto dell’accordo”. Anche se, come molte volte le è stato già spiegato, l’accoglienza pesa molto di più dei centri di migranti in Albania, il cui costo su cinque anni (quindi comprese le spese di gestione e di manutenzione) non supera gli 800 milioni di euro. Senza contare che in Albania arriveranno soltanto i migranti irregolari di sesso maschile (più del 70% di chi arriva in Italia) provenienti dagli Stati inseriti nella lista dei Paesi sicuri. Ossia, da quei Paesi nei quali si può essere celermente rimpatriati per via della loro tenuta democratica e per il loro rispetto dei diritti fondamentali. Rama ha detto di non voler “polemizzare con l’opposizione italiana”, malgrado non abbia “ancora capito le alternative che offrono per affrontare questo fenomeno. Tutti quelli che in Europa dicono l’opposto quando sono all’opposizione, ma poi, quando arrivano al potere non fanno nulla di diverso rispetto a chi c’era prima”. E in effetti, molti dei governi progressisti che proponevano politiche migratorie espansive, ora sono costretti a fare marcia indietro, colti di sorpresa dall’effettiva portata del fenomeno a livello sociali e finanziario: Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Polonia, sono solo alcuni esempi.

Un modello riconosciuto

Per Rama la vera questione “non è ciò che fa il governo o ciò che dice l’opposizione italiana, ma ciò che l’Europa intera non sta facendo riguardo a questo fenomeno”. Suona la carica, insomma, il premier albanese, nei confronti di un’Europa che da poco, in realtà, ha iniziato a recepire la strategia italiana contro i trafficanti di esseri umani e contro gli ingressi incontrollati. D’altronde, sono 15 gli Stati membri Ue che hanno rivolto alla Commissione europea una missiva in cui si chiedeva di fare di più e meglio in questo ambito, prendendo ad esempio, e citandolo direttamente, l’accordo tra Italia e Albania. Messaggio che, almeno per ora, sembra essere stato recepito dal presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che nella lettera rivolta ai capi di Stato e di governo che si riuniranno giovedì nel Consiglio europeo ha citato proprio l’accordo siglato tra Roma e Tirana lo scorso 7 novembre, ricordando che occorre “procedere per quanto riguarda l’idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell’Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio”. Dunque, tutti sono dalla parte dell’Italia e vedono nei trafficanti di esseri umani e nelle superpotenze che portano avanti le guerre ibride per indebolire l’Occidente, il nemico comune da battere. Solo la sinistra italiana resta isolata in questo senso, preannunciando già bagarre in Parlamento, oggi, dove Meloni interverrà in vista, appunto, del Consiglio europeo. Le solite motivazioni, i classici modelli di riferimento sbagliati (come la Sea Watch di Carola Rackete che cerca di interferire nelle scelte del governo), le stesse proposte stantie di un tempo. La sinistra è ridotta un colabrodo.

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