Stop al Redditometro, arriva il Concordato biennale: la riforma fiscale del Governo Meloni va avanti

Va avanti la riforma fiscale voluta dal Governo Meloni. Va avanti su due fronti: il primo è il superamento delle misure istituite dai governi passati, nati nella concezione, verso la quale il Governo Meloni ha fin da subito espresso contrarietà, per cui il cittadino è un suddito del fisco da vessare, il contribuente un possibile evasore da punire prima ancora che l’abbia fatto. La seconda strategia, invece, riguarda l’inserimento di nuovi strumenti per aiutare i cittadini e chi sceglie di investire nel nostro Paese, garantendo una tassazione giusta e non vessatoria specialmente alle piccole e medie imprese, sulle quali si basa la gran parte della nostra economia. A loro tutela, ad esempio, si pensi già al taglio del cuneo fiscale, presente in entrambe le leggi di Bilancio stilate fin qui dall’esecutivo, o all’accorpamento delle aliquote Irpef, che in due anni sono già passate da cinque a tre.

Addio al grande Fratello fiscale

Riguardo la prima strategia, la commissione Finanze del Senato ha ufficialmente rottamato il Redditometro, il cosiddetto “grande Fratello fiscale” introdotto dal centrosinistra e che, per qualche ora, nei mesi scorsi, complice una forte disinformazione, pareva essere pronto a ritornare. Ma fu repentina la risposta del presidente del Consiglio Giorgia Meloni (“Siamo sempre stati contrari a meccanismi invasivi, come il redditometro, applicati a persone oneste e la nostra posizione non è cambiata”) e di Fratelli d’Italia (“Con noi non sarà mai possibile tornare al grande fratello fiscale voluto dalla sinistra, siamo portatori sani di un modello radicalmente opposto”). Tra i punti principali di opposizione alla misura, la sua grande invasività, a scapito della privacy del contribuente: resterà soltanto per i casi in cui si notano divari troppo ampi tra le spese e il reddito dichiarato, dove cioè vi è un forte rischio di evasione, a dimostrazione del fatto che, nonostante una maggiore fiducia posta dall’esecutivo nel contribuente rispetto agli anni passati, il centrodestra non vuole lasciare neppure un centimetro di spazio a evasori, furbetti e truffatori. L’invito della commissione all’esecutivo è “incrementare le tutele dei contribuenti, evitando di ripristinare strumenti e istituti a carattere induttivo di massa”.

Da ottobre il concordato preventivo biennale

Per la seconda strategia, invece, il centrodestra è compatto sull’idea di aumentare i premi per i contribuenti più virtuosi e affidabili: ad esempio, applicando un’aliquota del 10% per i contribuenti con punteggio Isa da 8 a 10 (i più virtuosi, dunque), del 12% per quelli con un voto da 6 a 8 e del 15% per quelli con un voto inferiore a 6. C’è il sì, infine, sul concordato biennale, il nuovo strumento con il quale si propone una tassazione piatta sul reddito incrementale concordato sulla base di quanto è stato dichiarato negli anni precedenti, in modo tale che anche un aumento di entrate (non superiore al 30%) non sarà poi ulteriormente tassato. Nei giorni scorsi, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, al Forum in masseria, è intervenuto proprio sul tema, spiegando che “stiamo procedendo a una riforma fiscale epocale. Vogliamo agire ex ante, in questo alveo si colloca anche il concordato preventivo biennale, l’amministrazione finanziaria fa delle proposte: questo è il reddito verosimile e dice in questo biennio anche se avrai redditi superiori, ai fine delle imposte sul reddito, non pagherai di più”. Con le entrate che deriveranno dal concordato preventivo biennale, il governo ha in mente di abbassare la pressione fiscale non soltanto sui redditi bassi, ma anche su quelli medi sopra i 50mila euro annui. “Se ci saranno risultati positivi – ha aggiunto –, il nostro obiettivo è addolcire le aliquote per chi ha reddito sopra i 50mila euro che non possiamo considerare super ricchi ma pagano – tra aliquota del 43% e addizionali – sopra il 50%, è una cosa che – ha detto, concludendo – va corretta”.

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2 Commenti

  1. La materia è molto delicata, per la necessità del fisco di incassare in ogni modo il più possibile per coprire una spesa devastante.
    Si dovrebbe portare nel fisco un principio valido per tutte le famiglie assennate: si spende quello che si ha. Lo Stato invece prima decide di spendere, con l’applauso dei beneficiari della spesa, che tanto sanno che altri pagheranno, poi va a caccia dei soldi.

    Ma venendo al caso presente, sul concordato la domanda è una sola:
    e se il soggetto che ha concordato l’imposta, oggi per domani, domani va in perdita, ad esempio per ragioni di mercato, di salute, cose che capitano, paga le tasse sulle perdite?

    Stiamo attenti, non cadiamo dalla padella alla brace.

    Con affetto

    Alessandro

  2. Speriamo si possa arrivare ad una forte riduzione delle tasse sui redditi medi
    (almeno fino a 50.000 euro) e vi assicuro che con cifre del genere non si naviga nell’oro! Il discorso sarebbe molto più ampio, ma lo spazio è poco.

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