Suicidio assistito, il Tar blocca l’Emilia Romagna: no alla morte di un paziente

Accolta la delibera di sospensione, Forza Italia: “Serve una legge nazionale”

Il Tar blocca le delibere sul suicidio assistito dell’Emilia Romagna. Il tribunale amministrativo ha accolto la denuncia della consigliera regionale Valentina Castaldini di Forza Italia contro le delibere del febbraio 2024 della regione, ricorso analogo è stato presentato anche dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero della Salute. Per la Castaldini è “inaccettabile che un atto amministrativo regionale sostituisca una legge nazionale su un tema così delicato”. Il Tar ha quindi congelato le delibere regionali che permettono il suicidio assistito, una risposta definitiva dovrebbe arrivare il 15 maggio, il tribunale si pronuncerà sul via libera o lo stop al suicidio assistito. Nel mentre ci sono una persona e una famiglia che aspettano una decisione alla richiesta di accedere alla procedura che avrebbe dovuto concludersi il 6 maggio. Le polemiche politiche e l’inerzia non fanno male alle istituzioni ma alle persone coinvolte che, oltre al dolore per la situazione in cui versa il proprio caro, devono avere a che fare con lungaggini e polemiche esterne, completamente inconsapevoli come andrà a finire.

Il caos sul fine vita

La norma sul fine vita nasce dopo la sentenza della Consulta 242 del 2019 (il caso di dj Fabo) che ha fissato i requisiti per accedere legalmente all’aiuto medico alla morte, depenalizzando la pratica. Per molti giuristi questa sentenza sancisce il diritto alla morte medicalmente assistita, il Parlamento deve solo delinearne l’equilibrio tra i diritti. Siamo nel 2025 ma una legge nazionale non c’è ancora, regna la confusione sul tema visto anche la fuga in avanti di regioni come Emilia Romagna e Toscana che hanno deciso di regolare a livello amministrativo il tema. Proprio l’Emilia Romagna di Bonaccini è stata la prima regione a regolare il suicidio mediamente assistito, garantendone il diritto nel 2024. La Toscana si è spinta oltre con una legge regionale sul fine vita che mette dei paletti su terapie condivise, cure palliative precoci e formazione dei sanitari (legge che l’esecutivo può impugnare entro metà maggio).

Le regioni si stanno muovendo autonomamente per dare una regolamentazione alla pratica, “una questione di civiltà” come definita dal giornalista Vittorio Feltri. Il Parlamento, nel frattempo, rimane fermo, dopo circa 6 anni dalla decisione della corte di Cassazione sul caso Fabo non si hanno regole nazionali per ottenere un diritto al suicidio medicalmente assistito (età, requisiti, condizione medica, sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, parere medico, consenso libero e consapevole eccetera). È indubbio che un tema così delicato vada regolato a livello nazionale e non regionale, il punto sta nella voglia della politica a Roma di fare qualcosa, così da evitare il caos che si sta creando attorno al tema, in cui gli unici a rimetterci sono le persone che vorrebbero accedere alla procedura, i familiari e il personale sanitario che brancolano nel buio.

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Alessandro Guidolin
Alessandro Guidolin
Classe 1997, piemontese trapiantato a Roma. Laureato in giurisprudenza, appassionato di politica e comunicazione. “Crederci sempre arrendersi mai”

1 commento

  1. C’è molta ipocrisia in materia. Certamente la materia dovrebbe essere oggetto di regolazione nazionale e non regionale, anche se non so districarmi nel mondo delle competenze condivise tra Stato e Regioni, ma non possiamo pensare a viaggi interregionali di poveretti che cercano il posto migliore per terminare le proprie sofferenze.
    Solo non vorrei che il tema fosse inquinato da posizioni religiose, del tipo “solo Dio può decidere chi può morire”. Anche lo Stato della Chiesa fino al 1800 prevedeva la condanna a morte, ma tanto al morituro gli davano l’estrema unzione.
    Personalmente, vorrei essere io a decidere quando finire, il problema è che tante volte quando si vorrebbe finire non si è più in grado di dirlo, e quando si vorrebbe ancora vivere non ci sia qualcuno che decida al proprio posto.
    E’ una questione difficile, che andrebbe valutata con più misericordia e attenzione alle persone e meno ideologia.

    Cona affetto

    Alessandro

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