Dopo le numerose tensioni politico-finanziarie degli ultimi giorni e alcune esternazioni scomposte, è giusto ora andare alla sostanza del problema. E la sostanza è rappresentata dalla sospensione per tre mesi dei dazi annunciati da Donald Trump e riguardanti buona parte del mondo, inclusa l’Unione Europea. Non vi sarà però nessuna pausa per le nuove tariffe doganali americane destinate alla importazione di merci dalla Cina, le quali, anzi, vanno incontro ad un ulteriore aumento e giungono alla percentuale del 125 per cento. Per il resto dei Paesi inizialmente coinvolti dalla revisione al rialzo dei dazi prefigurata dalla Casa Bianca, rimane per i prossimi 90 giorni la tariffa base del 10%.
Occorre salutare con favore questa svolta, Wall Street lo ha già fatto, perché essa scongiura in primo luogo e da subito l’inizio di una fratricida guerra commerciale tra occidentali, tra gli Stati Uniti e l’Europa, dalla quale nessuno, se non gli antagonisti russi e cinesi dell’Occidente, potrebbe trarre un vantaggio, come ha osservato in più occasioni il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Neppure la recrudescenza degli scontri economici in seno al Nord America, fra USA, Canada e Messico, può portare a qualcosa di buono. Beninteso, non siamo alla fase finale della questione, non ci troviamo ancora davanti alla soluzione di tutti i problemi e bisognerà, da qui all’estate, procedere con negoziati serrati. Infatti, la premier Meloni, nonostante il break ufficializzato dei dazi, non ha disdetto il viaggio in programma per Washington.
La sospensione è tuttavia molto utile perché grazie ad essa si potrà trattare in un contesto decisamente migliore, privo di quel panico che si è allargato a macchia d’olio negli ultimi giorni e ha portato le Borse di tutto il mondo a bruciare miliardi. Sarà possibile verificare con calma e raziocinio tutti i punti di contrasto a livello commerciale esistenti fra America ed Europa, e sanare quelle situazioni nelle quali Washington denota slealtà da parte di Bruxelles. Il traguardo ottimale deve essere quello del raggiungimento di zero dazi reciproci nell’area USA-UE, come auspicano sia Giorgia Meloni che Elon Musk. Negoziare in un clima da fine del mondo può condurre a drammatizzare le posizioni e a buttare via il bambino con l’acqua sporca. Sembra che il cosiddetto tsunami dei dazi di Trump stia rientrando nel modo più giusto. Il commercio internazionale è giunto a questo tipo di inquietudini non tanto per un capriccio di Donald Trump, ma a causa di una globalizzazione che ha svuotato la capacità manifatturiera dell’Occidente e ha trasformato la Cina nella fabbrica del mondo.
Il risultato è stato quello di aver ingrassato indirettamente la Repubblica popolare cinese, la quale ha potuto finora esportare a costi assai inferiori rispetto a quelli nordamericani ed europei, considerati il minor aggravio della manodopera locale e l’assenza di diritti sindacali. Tale squilibrio, ormai ventennale, deve essere corretto ed è significativo che, insieme alla sospensione dei super dazi trumpiani per la UE, rimangano invece le alte tariffe USA nei confronti della Cina. Si paleserà una trattativa anche con Pechino, ma è fondamentale essere più severi e rigorosi con il Dragone che con altre realtà perché è lì che si annida la vera slealtà commerciale.