È accaduto quasi in contemporanea il botta e risposta tra Giorgia Meloni e Vincenzo De Luca. Ma se da un lato è arrivato un vivido consiglio – quello di evitare certe sceneggiate e iniziare seriamente a lavorare – dall’altro è stata mossa una risposta che, come sempre accade al governatore dei lanciafiamme, supera il limite della critica politica. Un limite che De Luca sembra non conoscere o dal cui superamento sembra platonicamente attratto. In altre parole: un turpiloquio per sentirsi bene.
Il solito turpiloquio del solito De Luca è arrivato ieri a Piazza Colonna a Roma in occasione della manifestazione durante la quale il governatore, senza mai fare marcia indietro condannando le sue parole – né lui né il suo partito – aveva annunciato una “lotta armata” contro il governo. Fatalità ha voluto che proprio in quegli istanti Giorgia Meloni e Raffaele Fitto – dai quali De Luca intimava venisse ricevuto – si trovassero invece in Calabria, a Gioia Tauro, per la firma del decimo accordo di Coesione e Sviluppo. Il primo con una Regione del Sud. L’accordo prevede uno stanziamento di oltre 2 miliardi di euro, con ben 622 miliardi destinati ai trasporti, e dimostra l’opposto di ciò che grida De Luca con le solite accuse: il governo starebbe per tagliare i fondi al Sud tramite l’autonomia differenziata e una presunta negligenza sui fondi europei. Ma l’unica negligenza che, dopo l’ennesimo accordo raggiunto in collaborazione con le Regioni, si scruta è proprio quella del governatore brontolone: “Se si va a guardare il ciclo di programmazione 2014-2020 – ha detto Meloni – risulta speso il 24% della spesa. Se invece di fare le manifestazioni ci si mettesse a lavorare, forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”. Insomma, i vecchi governi dem, amici di De Luca, avevano fondi ma non li spendevano, con tanto di ossequioso silenzio dello stesso De Luca. La sua risposta, davanti alla verità, è molto irritata e tra un muso duro e l’altro alle forze dell’ordine tuona: “Str**nza, lavori lei”.
Il Masaniello degli amministratori locali stavolta ha esagerato. Nella frenesia di essere stato alzato a capopopolo di una schiera di sindaci amici, De Luca è arrivato alle offese personale verso la quarta carica dello Stato. Non una bellissima esperienza da aggiungere al proprio curriculum vitae. In ogni caso, appare chiaramente, anche al meno attento degli osservatori, la netta differenza che passa tra Giorgia Meloni, che continua celermente il proprio lavoro, e Vincenzo De Luca, che si perde in manifestazioni e in pesanti quanto false accuse. Il turpiloquio di De Luca sarà forse l’applicazione del “purché se ne parli” o sarà solo un modo per celare il suo fallimento in dieci anni di governo campano?
E’ grave che un imbecille arrogante come codesto De Luca governi una Regione: e poi ci si lamenta dell’arretratezza del Sud.
Ma il fatto più grave è che degli Italiani lo abbiano votato.
E’ il vero problema politico di medio termine: in Italia c’è una massa, minoritaria ma abbastanza numerosa per avere presenza politica, antidemocratica, violenta e qualunquista.
La sinistra è il terreno di coltura ideale per questo tipo di elettorato, con i suoi slogan semplicistici e cretini: aboliamo la povertà, stabiliamo per legge prezzi e salari (stile URSS), per fare la pace basta non fare armi, facciamoci i fatti nostri e non impicciamoci di cosa fa la Russia, ecc.
Si impone di necessità una strategia per recuperare almeno parte di questi elettori ad una politica più intelligente, prima ancora che più consona all’interesse dell’Italia.
Forse la strada da seguire è solo quella che anche altri grandi conservatori hano indicato: più lavoro, meno tasse e meno spesa.
Togliamo a tante persone l’idea che i nostri mali siano colpa di altri (ad esempio, per tutti, gli americani!) e che sia possibile vivere di sovvenzioni pubbliche.
Ci vorrà del tempo, ma è l’unica via
Con affetto
Alessandro