L’insostenibile leggerezza dell’essere giudici

Negli anni Trenta del secolo scorso il giudice inglese Lord MacMillan scriveva nel suo ‘Law and Other Things’: “Il giudice deve purgare la sua mente non solo dalla parzialità verso le persone, ma ancor di più verso dalla parzialità degli argomenti, questione molto più sottile perché la valutazione giuridica ha la naturale tendenza ad essere sensibile a certe categorie di argomenti.”

Quasi cento anni dopo, la terzietà della magistratura è un tema ancora caldo sul quale riflettere in maniera seria, soprattutto considerando che in uno Stato di diritto, per l’appunto, è la stessa giustizia (e quindi chi la amministra) a fare da garante all’intero corpo sociale, tutelando da un lato, e condannando dall’altro.

Quando però il principio che dovrebbe rendere i giudici delle figure super partes viene meno, ci si domanda se non si dovrebbe forse ri-pensare al sistema giudiziario, adattandolo alla stessa comunità in cui si inserisce, ricordando che è proprio questo stesso sistema il primo garante della esistenza stessa della società così come la consociamo oggi.

Il tema dell’imparzialità dei giudici non è un tema prettamente nazionale o ascrivibile ad un determinato periodo storico, perché, banalmente si tratta di reprimere in un certo senso l’umanità stessa del magistrato affinché agisca “senza alcuna restrizione, impropria influenza, istigazione, pressione, minaccia o interferenza, diretta o indiretta, di qualunque provenienza o per qualunque ragione” ( come riportato dalla raccomandazione Rec(94)12 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sull’indipendenza, l’efficienza e il ruolo dei giudici, che richiama, anche dal punto di vista letterale, l’art. 2 dei «Basic Principles» fissati dalle Nazioni Unite).

Il giudice non dovrebbe dunque essere sottoposto a nessun tipo di indebita influenza, sia dall’interno che dall’esterno del sistema in cui egli opera. Essere giudice, di fatto, significa esserlo a 360 gradi, e quindi non solo nelle vicende processuali, perché si tratta, anche, di dare un’immagine di integrità e indipendenza anche nella vita al di fuori del tribunale.
L’essere giudice perciò dovrebbe investire ogni aspetto, o quasi, della vita del giudice, senza schierarsi apertamente con l’una o l’altra parte politica e portarne avanti indefessamente gli interessi politici connessi. Perché, è bene ricordarlo, ciò priverebbe, implicitamente o meno, i cittadini di porsi di fronte all’autorità giudiziaria confidando davvero in quel famoso principio per cui ‘La giustizia è uguale per tutti’ che si ritrova in tutte le aule di giustizia.

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