Malan a l’Unione Sarda: da Giorgia Meloni buon senso, a difesa interessi nazionali

La testa sta in Europa (e anche il portafoglio), il cuore è più con Trump: la destra italiana in questa fase della politica mondiale cerca un difficile equilibrio, come conferma l’intervista di Giorgia Meloni al Financial Times. Ma per Lucio Malan non c’è contraddizione: «L’Italia sta tenendo una posizione di buon senso, a difesa degli interessi nazionali», assicura il capogruppo di FdI al Senato, oggi a Cagliari per la Scuola di politica dei Riformatori.

«C’è un interesse reciproco a evitare l’escalation di una guerra sui dazi. I quali, per altro, non sono stati inventati da Trump: nell’Ue ce ne sono già di più alti».

Trump però sta lanciando un’offensiva durissima.

«È chiaro che la sua è una mossa più politica che economica, e che lui è un grande negoziatore. Dobbiamo essere pronti a negoziare anche noi».

Negoziare su cosa?

«Beh, gli Usa hanno un grande squilibrio economico sfavorevole verso l’Europa, e in particolare la Germania. È evidente che i dazi sulle auto mirano a colpire i tedeschi: anche se, in misura minore, colpiscono anche noi. Dovremo difendere gli interessi europei e italiani, ma anche capire che alcune politiche europee dovrebbero essere modificate».

Quali, in particolare?

«Anzitutto, la tendenza tedesca a tenere artificialmente bassi i salari: così i prodotti costano meno, ma riduci anche il potere d’acquisto delle famiglie. E poi le regole Ue super green: non sono dazi, ma impongono costi importanti a tutti, consumatori e aziende, incluso quelle americane che vogliono vendere in Europa. Alcune di quelle regole sono giuste, altre sono superflue».

Anche l’economia sarda rischia molto per i dazi. Il governo ne terrà conto?

«Sicuramente. A maggior ragione perché l’export sardo punta soprattutto sull’agroalimentare, che è al centro delle politiche del nostro governo».

Intanto Vance ha parlato di “parassitismo” europeo…

«Al di là delle parole dette in conversazioni private, ricordo che anche Obama ci definì “scrocconi”. Per decenni l’Europa ha confidato sugli Usa per la sua difesa: è normale che ora debba fare di più. Che anche l’Italia debba spendere di più, dal 2009 l’hanno detto tutti i presidenti del Consiglio, nessuno escluso».

C’è il timore che si debba tagliare la spesa sociale.

«In base al piano europeo, come prospettato, i singoli Paesi possono anche decidere di sacrificare quelle spese, ma non è un obbligo: l’Italia ha già detto che quelle somme non saranno tolte dai Fondi di coesione o da quelli per il welfare».

Passiamo alla polemica sul Pnrr: se Giorgetti chiede una proroga, significa che non stiamo spendendo le risorse abbastanza in fretta?

«L’Italia è palesemente in testa tra gli Stati Ue per tutti gli adempimenti del Pnrr. Ha attivato il 92% dei progetti. La richiesta di proroga per ora è solo una voce, ma nel caso, niente di clamoroso: pensare che quelle somme enormi non si possano spendere fino all’ultimo centesimo entro le scadenze brevissime del Pnrr, non sarebbe uno scandalo».

Intanto Filippo Sensi attacca il ministro Foti (FdI) e dice: si scaldi Malan… è pronto a traslocare al ministero?

«Ma no, io sono felice di quel che faccio e Foti è un ministro ottimo. Non serve alcuna sostituzione, e io non ci aspiro».

Capitolo autonomia differenziata: dopo che la Consulta ha in gran parte bocciato la legge Calderoli, la riforma andrà avanti?

«Certo, tenendo conto dei rilievi della Corte, che non incidono sull’impostazione della legge. Per altro, senza la legge, la riforma (votata nel 2001 dal centrosinistra) è comunque applicabile, come dimostra l’iniziativa di varie regioni tra cui l’Emilia: ma senza le garanzie previste da noi. L’accusa di spaccare l’Italia è solo uno slogan: il divario Nord-Sud non dipende certo dall’autonomia differenziata».

Caso Santanchè: se fosse rinviata a giudizio, FdI le chiederà di dimettersi?

«È stata lei a dire che, se rinviata a giudizio per la vicenda che riguarda l’Inps, avrebbe fatto le sue valutazioni. Solo lei conosce la situazione e solo lei può decidere di dimettersi».

Vicenda molto diversa, ma anche Alessandra Todde è in bilico: che idea si è fatto del caso decadenza?

«La legge 515 sulle spese elettorali è una norma quasi grillina, fatta 20 anni prima che il M5S entrasse in Parlamento. Le sanzioni le valuteranno i giudici, ma è strano che proprio loro contestino una regola che impone la trasparenza da loro sempre richiesta».

Uno dei grandi temi della politica sarda è la transizione energetica, e gli annessi rischi di speculazione. Qual è la sua opinione?

«Non si può affrontare il tema in modo ideologico. È giusto che l’Isola produca energia da fonti rinnovabili, ma non in modo selvaggio e a danno del paesaggio. C’è una proposta di legge popolare con una quantità di firme impressionante, a riprova dell’interesse dei cittadini sul tema: credo che debba essere sicuramente esaminata. Che è cosa diversa dall’accoglierla in ogni sua parte: ma di certo non si può ignorare».

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