Che la sua vita fosse in pericolo, l’aveva denunciato lei per prima. Che in Afganistan la vita di una donna contemporaneamente consigliere politico ed eminente giornalista valga meno di un soldo bucato, invece, lo sappiamo tutti. Così, era inevitabile che prima o poi accadesse.
Mena Mangal è stata uccisa sabato mattina a sud-est di Kabul. L’attentato, in pieno giorno e in un luogo pubblico, ha provocato un’ondata di dolore e rabbia contro le autorità che avevano lasciato Mena indifesa di fronte alle minacce. “Questa donna aveva già denunciato che la sua vita era in pericolo; perché non è successo niente? Abbiamo bisogno di risposte “, ha tuonato Wazhma Frogh , avvocato afghano per i diritti umani e attivista per i diritti delle donne. “Perché per noi uomini è così facile continuare a uccidere donne con cui non siamo d’accordo? Perché questa società lo permette?”
Il 3 Maggio scorso, Mena Mangal aveva condiviso le sue paure in un post di sfida su Facebook. Denunciava di ricevere messaggi minacciosi, ma ribadiva di essere una donna forte, di non temere nessuno, nemmeno la morte, e di amare il suo Paese.
Intanto, da parte delle autorità, arriva una dichiarazione dal ministero dell’Interno tramite il portavoce, Nasrat Rahimi, che ha riconosciuto l’attentato e riferito che un’unità investigativa speciale sta indagando per assicurare quanto prima gli assassini alla giustizia. Allo stesso tempo, in un video pubblicato su Twitter, la mamma di Menal ha denunciato un gruppo di uomini, citando nomi e cognomi, come coloro che dovrebbero essere dietro all’attentato che è costato la vita a sua figlia. Gli uomini, a sentire la povera mamma, avrebbero già in passato rapito Mena Magal ma sarebbero stati tutti catturati e finiti in prigione da dove però, corrompendo, sono riusciti a uscire praticamente subito.
Mangal, nonostante l’età relativamente giovane, si era fatta un nome come presentatrice di punta in una stazione televisiva commerciale gestita dal Gruppo MOBY in Afghanistan, nel canale in lingua Pashto. La TV, lanciata nel 2004, è diventata una delle prime stazioni commerciali del paese e ha posto le basi per essere un importante punto vendita accessibile che offre libri e un’ampia scelta di spettacoli. In seguito, Mangal ha lavorato anche per uno dei principali concorrenti, la Shamshad TV.
Oltre al suo lavoro, poi, Mangal era un’appassionata sostenitrice dei diritti delle donne all’istruzione e al lavoro, e di recente era diventata consigliere culturale nella camera bassa del parlamento nazionale afgano. “Non riesco a fermare le mie lacrime per la perdita di questa bella anima. Ha avuto una voce forte che ha saputo alzare solo per difendere il suo popolo “, ha detto l’avvocato Frogh. Gli ha fatto eco l’analista politica Mariam Wardak : “Questo vergognoso omicidio, rappresenta un assoluto disonore per la polizia, per i servizi di intelligence e anche per il consiglio di sicurezza nazionale”.
Negli ultimi due decenni non si contano più gli attacchi e gli omicidi di donne a sfondo politico. A essere prese di mira, ovviamente, donne che occupano posizioni pubbliche come ad esempio politiche, educatrici, giornaliste, poliziotte, e anche studentesse, già viste come il male del futuro. Queste donne coraggiose, vantano nemici ovunque, non solo nelle scuole coraniche che le inquadrano sempre come un obiettivo da abbattere, o tra gli insorti che vedono in loro gli avamposti del nemico, ma anche nelle proprie comunità, spesso parecchio arretrate e ortodosse, quando non addirittura tra i propri parenti, che le vivono come un vero e inaccettabile disonore.
Ad aggravare il tutto, c’è la sensazione che l’ omicidio Mangal arrivi in un momento in cui la situazione è parecchio pesante. Gli attivisti per i diritti delle donne afghane hanno avvertito di essere stati usati come merce di scambio dagli Stati Uniti per mediare la pace con i talebani, mettendo a repentaglio la libertà conquistata. Del resto, come qualcuno ricorderà, la situazione delle donne in Afghanistan era stata un importante motore dell’intervento militare americano. Ora le cose sembrano cambiate, da una parte gli Stati Uniti tentano di terminare una guerra che non vede altrimenti la fine, e dall’altra i talebani dopo aver dato l’illusione di voler concedere e alle donne maggiore libertà soprattutto nel campo dello studio, stanno piano pano rimangiandosi ogni offerta, tant’è che nelle zone del paese che controllano esistono severe restrizioni, tra cui il divieto di fatto dell’istruzione secondaria per le ragazze.