Le sardine votano no. Il PD sta per staccare la spina a Conte.

“Non possiamo tacere … al referendum voteremo no”. Così parlò il sardone Santori. Ed è una frase quasi icastica nella sua composizione, disegna un manifesto e propone uno scenario e soprattutto comunica un messaggio molto chiaro: il PD ha detto stop.

E infatti le sardine è cosa nota che siano state costruite ad arte dal partito democratico per portare avanti i temi che lo stesso pd ha dovuto mettere da parte da quando è al governo con i grillini. L’operazione di finta metapolitica più singolare della storia, un po’ come le boy band costruite a tavolino dai discografici, senza però il front man di talento.

Sin dalla sua comparsa nello scenario della politica si è compreso il fine di questo movimentucolo da strapazzo: si sono schierati a favore dell’immigrazione, a favore delle cause Lgbt, a favore dello ius soli, fino a far campagna elettorale a Bonaccini, in Emilia Romagna, dove per i pregressi su Bibbiano per il pd era più complicato essere e fare il partito, e tutto sempre e rigorosamente in piazze sicuramente stafinanziate da qualche mentore abbiente e con la tessera del partito in tasca. Diversamente non si spiegano i palchi costosissimi, gli autobus riempiti di manifestanti ignari delle mete da raggiungere, i gruppi musicali provenienti direttamente dal concerto del primo maggio, gli annessi e i connessi.

Tuttavia, dopo gli exploit iniziali dovuti agli sforzi organizzativi per dare ai pescetti la visibilità necessaria a renderli interlocutori politici, si sono inabissati, per risorgere però puntuali dalle ceneri, come sbiadite fenici, se al padre creatore e finanziatore Partito democratico serve qualcosa. Come fu per “l’innocente e ingenua” passeggiata a casa Benetton… per sdoganare i futuri favorucci sulle concessioni autostradali.

Ma veniamo alla dichiarazione di cui il panorama politico italiano non poteva assolutamente fare a meno. Le sardine al referendum votano no. E nonostante d’acchito salga dal cuore un sentito “e chi se ne frega”, questa volta il messaggio è forse interessante. Il PD ha detto no, no ad un referendum in cui Conte si gioca faccia (quel che resta) e poltrona (e questa c’è tutta). I colleghi di governo, i rossi dell’ircocervo giallorosso, hanno lanciato l’ultimatum e staccheranno la spina questo autunno.

E questo indipendentemente dalla vittoria del sì o del no, perché esprimere una posizione così in antitesi su un tema così vitale per la tenuta del governo è già di per sè un segnale, si preordinano le condizioni per mollare, si dà evidenza plastica della frizione e si delegittima il premier mettendo le distanze.

Per una volta dunque Santori può sentirsi un po’ meno servo sciocco, perché il capo gli ha almeno affidato un copione che ha una sua dignità contenutistica, l’ha mandato a dire a Conte che il tempo è ormai scaduto.

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