Caccia, responsabilità e tutela del territorio: perché il nuovo DDL è un passo avanti per l’Italia rurale

Il disegno di legge sulla caccia, attualmente in discussione in Parlamento, rappresenta molto più di una semplice riforma normativa. È un intervento atteso da anni, capace di riportare equilibrio tra tutela ambientale, gestione faunistica e diritti delle comunità rurali e venatorie. In un Paese in cui la presenza della fauna selvatica è ormai divenuta un’emergenza strutturale per l’agricoltura e la sicurezza stradale, il DDL promosso dal governo offre risposte pragmatiche e moderne.

Più chiarezza normativa, meno contenziosi

Uno dei nodi storici della caccia in Italia è l’incertezza normativa che ha prodotto negli anni una lunga sequela di ricorsi amministrativi, sospensioni cautelari dei calendari venatori e disagi per cacciatori e istituzioni locali. Il nuovo DDL interviene su questo fronte restituendo certezze:

– Riduce i tempi per i ricorsi amministrativi da parte delle associazioni ambientaliste, evitando paralisi stagionali.

– Stabilisce che, in caso di sospensione di un calendario venatorio, rimane in vigore l’ultimo validamente approvato, tutelando il principio di continuità amministrativa.

Regole chiare e proporzionate per le armi

Contrariamente alle narrazioni ideologiche, il disegno di legge non “liberalizza” le armi, ma ne regolamenta con precisione l’uso:

– Viene confermata la limitazione a due cartucce per la maggior parte delle attività venatorie.

– Solo in casi specifici (come la caccia al cinghiale) è ammesso un caricatore da cinque colpi, in linea con le esigenze di sicurezza e controllo della specie.

Anche strumenti alternativi come arco e falco trovano spazio, valorizzando le tradizioni e la sostenibilità dell’attività venatoria.

Gestione attiva della fauna: una necessità non più rinviabile

Il DDL risponde a un’esigenza crescente del mondo agricolo: gestire l’eccesso di fauna selvatica che danneggia colture, boschi e infrastrutture. In particolare:

– Autorizza agricoltori e conduttori di fondi, muniti di licenza e formazione, a partecipare al controllo del cinghiale, oggi vera e propria emergenza nazionale.

– Consente, a fronte di certificazioni igienico-sanitarie, il trattenimento delle carni degli animali abbattuti, trasformando un problema in risorsa.

Tempi definiti, riposo garantito

Il nuovo impianto normativo introduce anche una razionalizzazione dei giorni di caccia, fissando limiti settimanali e giorni di silenzio venatorio (martedì e venerdì), ma garantendo al contempo libertà al cacciatore di scegliere le giornate in cui esercitare l’attività. Un equilibrio tra tutela della fauna e libertà individuale, in linea con i modelli già adottati in altri Paesi europei.

Il ruolo delle istituzioni locali e tecniche

Altro elemento centrale è il rafforzamento del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (CTFVN), che ottiene dignità giuridica equivalente a quella dell’ISPRA. Un modo per bilanciare i pareri tecnici con la conoscenza operativa di chi il territorio lo vive, lo gestisce e lo protegge ogni giorno.

In conclusione

La proposta di modifica alla legge sulla caccia non è un regalo ai cacciatori, come alcuni titoli hanno superficialmente suggerito. È una riforma strutturata, coerente con il principio di sussidiarietà e basata su criteri tecnici e di buon senso. Restituire dignità e regole chiare all’attività venatoria significa anche rilanciare una cultura della natura consapevole, responsabile, alleata dell’ambiente e dell’agricoltura.

Per l’Italia delle campagne, dei borghi e dei boschi, questa legge può rappresentare finalmente un cambio di passo verso la modernità e la tutela attiva del patrimonio naturale.

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